Dal convegno Aapi: prime stime produttive della stagione apistica 2024

L’Associazione Apicoltori Professionisti Italiani (AAPI) organizza nel mese di luglio una giornata di incontro dedicata alle tematiche apistiche di interesse nazionale.

È un momento di condivisione importante, dove, grazie anche alla presenza dell’Osservatorio Nazionale Miele e delle numerose aziende apistiche, è possibile fare le prime stime produttive di miele e confrontarsi sull’andamento stagionale.

Questo è quanto emerso nel corso della giornata.

 

Le aziende italiane hanno già vissuto molte annate negative negli ultimi dieci anni di attività, ma nel 2024 è accaduto qualcosa di mai visto prima con tale uniformità:

una scarsa produzione di miele su tutto il territorio nazionale, con pochissime eccezioni.

La stagione apistica è iniziata con temperature molto al di sopra della media all’inizio di aprile, che facevano presagire una partenza anticipata della stagione con buoni presupposti. 

Sfortunatamente, dopo le prime due settimane con un clima prettamente estivo, è tornato l’inverno con crolli termici che hanno messo in difficoltà api e vegetazione.

Non si parla di gelate, tuttavia ogni presupposto per la raccolta del nettare su gran parte del territorio italiano è stato annullato.

Successivamente lo scenario climatico non è migliorato, con il nord Italia flagellato dal maltempo fino a giugno e il centro – sud vittima di siccità e livelli di aridità del suolo critici in Sicilia, Calabria, Puglia, sud Sardegna e Maremma.

 

Produzioni pre-acacia

Per le ragioni sopra enunciate, si registrano produzioni vicine allo zero per la quasi totalità dei millefiori primaverili e dei monoflora precedenti ai raccolti importanti di acacia e di agrumi.

Ciliegio, colza, tarassaco: in molti casi lasciati alle api;

Erica: qualche kg di miele in alcuni alveari in produzione nelle zone costiere della Liguria e Toscana;

Asfodelo: prodotto in Sardegna con risultati molto eterogenei, meglio nel Centro-Nord Sardegna.

Millefiori primaverile: raccolto in alcune zone del sud Italia dove il crollo termico è stato meno marcato rispetto al nord. In Campania, in aree limitate delle province di Napoli, Salerno e Caserta; in Puglia nelle provincie di Bari e Foggia; in Toscana sulle isole su fioriture di rosmarino e lavanda selvatica.

 

Se si dovesse realizzare una media generale delle produzioni italiane di questi mieli, avremmo valori tra 0 e 2 kg di miele a colonia, veramente troppo poco.

Acacia

Anche questo monoflora ha subito crolli produttivi in tutta Italia a causa del maltempo che da aprile si è protratto per tutta la prima parte di maggio.

Nel nord spesso i raccolti sono stati azzerati o lasciati alle api, soprattutto in Friuli Venezia Giulia e Trentino, con medie non superiori ai 5 kg a colonia.

Situazione analoga nelle zone vocate del centro-sud, con medie leggermente più alte nel Lazio e nel nord della Toscana (ad eccezione del pistoiese).

La produzione di questo monoflora è andata male in tutta Italia, con medie comprese tra 0 e 7 kg per alveare.

Se questo monoflora non rende difficilmente la stagione apistica di molte aziende può considerarsi positiva.

Agrumi

Il caldo di aprile ha favorito una fioritura molto precoce delle piante di agrumi, con il risultato di avere api non pronte e fiori sbocciati durante il crollo termico di fine aprile e inizio maggio.

Si è prodotto qualcosa in Puglia (5-12 kg per alveare), Basilicata (4-10 kg), Calabria (2-12 kg) e Sardegna (0-10 kg), mentre è andata peggio in Campania (6-7 kg solo in provincia di Caserta e Salerno) e in Sicilia, dove non si è prodotto nulla.

Si è quindi prodotto qualche kg di miele, ma certamente non quanto questi fiori ci avevano abituato a fornire non molti anni fa.

Sulla

Produzioni mediocri e quasi inesistenti anche per questo monoflora, tra 0 e 5 kg in Toscana, mentre al sud è stata prodotta con medie simili solo a quote più alte e solo se seminata.

Tiglio

Il tiglio cittadino è andato meglio del tiglio di montagna a causa delle basse temperature in quota che non hanno permesso raccolti di rilievo.

In città, grazie a temperature più miti e in assenza di temperature massime estreme, si registrano medie che partono da 5 kg e raggiungono punte di 20 kg per alveare.

Valori ben inferiori in montagna, dove spesso risulta mescolato ad altri mieli.

tiglio

Castagno

Nonostante i problemi di umidità e di api stressate dalla prolungata assenza di raccolti post-acacia, la produzione di miele di castagno è stata migliore rispetto agli altri monoflora, soprattutto per il castagno raccolto in quota.

Le medie si attestano superiori ai 10 kg per colonia in buona parte delle regioni vocate, con il Veneto fanalino di coda anche a causa di diffusi avvelenamenti accaduti prima della raccolta.

Sopra media la produzione di polline di castagno.

 

Il castagno risulta essere una produzione che non riesce più a fornire grandi medie produttive, ma sicuramente, rispetto agli altri monoflora, ha mantenuto una maggiore stabilità produttiva.

Altre produzioni

Coriandolo: superficie seminata ridotta, ma con discreti quantitativi di miele raccolti in Puglia (17-35 kg/alveare), Molise (15-24 kg/alveare) e Marche (2-12 kg/alveare).

Girasole: i primi dati provenienti dalle Marche registrano una produzione di 6-13 kg/alveare.

Eucalipto (provvisorio): buoni risultati in Sardegna, meno a nord. In Basilicata si registrano 5-15 kg/alveare, mentre nel Lazio 7-15 kg/alveare.

Millefiori estivo (provvisorio): produzioni scarse rispetto ai buoni risultati dello scorso anno.

Dal mese di giugno, i raccolti includono ailanto, tiglio, rovo, melata e erbacee seminate come trifoglio e girasole, oltre a residui di sulla e coriandolo.

Al Sud, la produzione è stata influenzata negativamente dalla siccità.

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Il 2024 si è rivelato un anno particolarmente negativo per la produzione di miele italiano.

Nessuna regione può dirsi soddisfatta delle medie produttive registrate.

Alcuni areali del centro Italia e del sud della Sardegna hanno prodotto qualche chilo di miele in più, ma si tratta comunque di valori estremamente scarsi.

Le rese sono state terribili nel nord Italia, in particolare nel nord-est, e in Sicilia, dove la siccità ha raggiunto livelli estremi.

Tre aziende italiane su quattro non riescono a raggiungere una media aziendale di 20 kg per alveare.

Con questi risultati, è difficile che gli apicoltori possano sopravvivere.

Tirli, Calenzano e Scandicci – gli eventi e le iniziative in favore delle api

In occasione della festa delle api sono molte le iniziative che si svolgeranno sul territorio toscano per la valorizzazione dell’apicoltoram per la tutela delle api e per promuivere i prodotti dell’alveare.

Di seguito segnaliamo alcuni eventi in cui Arpat ha accettato con entusiasmo di partecipare grazie alla presenza dei suoi tecnici e soci. 

Ricordiamo inoltre che il 19 maggio molte aziende associate parteciperanno al progetto mielerie aperte aprendo le porte delle proprie strutture al pubblico per condividere la propria passione. 

Festa delle api e del miele a Tirli il 19 maggio

Un pomeriggio dedicato alle api e ai prodotti dell’alveare!

Arpat sarà presente all’evento e organizzerà una degustazione di miele insieme al nostro tecnico Luca Baldini. 

Vi aspettiamo!

Festa delle api e della Biodiversità – 19 maggio Calenzano

Laboratori, spettacoli e tante attività per grandi e bambini all’interno del parco di Travalle di Calenzano. 

Partecipa al laboratorio Arpat  “Un hotel per le api: inventiamolo insieme!” 

72 ore di biodiversità

Al via la terza edizione della 72 ore di biodiversità a Scandicci. Nei giorni di lunedì 20, mercoledì 22 e sabato 25 maggio 2024 in Piazza della Resistenza per un evento ideato e promosso da Rete Semi Rurali ETS e patrocinato dal Comune di Scandicci.

Arpat sarà presente il 20 maggio ed illustrerà agli studenti l’importanza delle api per la biodiversità

La stagione apistica toscana in 6 punti

Come per la stagione 2022 riviviamo i punti salienti di questa annata apistica cercando di evidenziare ciò che ha funzionato (poco) e le dinamiche positive.

Cosa non ha funzionato

Niente acacia!

Inutile girarci intorno, per la maggior parte delle aziende se non viene raccolto miele di acacia la stagione è da ritenersi negativa o altamente negativa. Il miele di acacia rappresenta infatti una produzione fondamentale per le finanze delle aziende apistiche toscane e la sua assenza difficilmente può essere rimpiazzata da altre varietà di miele (che ci sono pure state). Purtroppo, nonostante un inizio primavera promettente con api in salute e presenza di importazioni (erica in particolare), l’ondata di prolungato maltempo di aprile – maggio ha completamente ostacolato la produzione di questo importante monoflora.

Il bilancio produttivo di acacia in questi ultimi anni è mediamente negativo: produzioni discrete solo nel 2022 e 2018 e rasenti allo zero nel 2021 e 2023. Le cause principali di questo trend sono indubbiamente riconducibili al meteo, con ritorni di freddo e precipitazioni incessanti che, nella maggior parte dei casi, rendono difficoltose anche le produzioni successive.  

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Dov’è il mercato del miele?

L’elefante nella stanza (o nella cristalleria) in questa amara stagione 2023 risulta essere il blocco del mercato del miele italiano. Assistiamo infatti ad una netta diminuzione di scambi di miele tra grandi produttori e confezionatori con conseguenti rimanenze di notevoli quantità di prodotto in magazzino. Da un lato le aziende apistiche chiedono un adeguamento del prezzo del miele in seguito a raccolti in netto calo e aumento dei costi di gestione, dall’altro i grandi distributori devono fronteggiare un minor potere di acquisto del consumatore e sono tentati dai mieli esteri, di probabile qualità inferiore, ma ad un prezzo di acquisto nettamente vantaggioso. Se non verranno prese misure in tal senso (controllo dei prezzi di importazione, aiuti alle aziende, valorizzazione del miele italiano…) gli effetti di questo “braccio di ferro” saranno probabilmente visibili già dal prossimo anno dove avremo o un’entrata di miele italiano nella già satura media piccola distribuzione (botteghe e mercati) e/o un crollo del prezzo del miele italiano.

Si contano i morti

Dal mese di agosto segnaliamo diverse morie e spopolamenti da parte di molte aziende, in particolare negli apiari situati in medio alta collina. Sebbene la stagione estiva non abbia manifestato i livelli di aridità dello scorso anno, la presenza di scorte è stata comunque altamente limitata. Molte aziende sono ricorse alla nutrizione post trattamento ma non sempre è stato sufficiente, inoltre, la poca presenza di nettari autunnali, ha lasciato molti apiari senza nutrimento per diversi mesi. Oltre a ciò, la sempre presente varroa ha reso più difficile la gestione delle colonie più deboli che, lo ricordiamo, in caso di alta infestazione tendono ad incrementare il consumo già scarso di scorte. Non mancano ad oggi aziende che dall’estate hanno avuto perdite anche superiori al 30% e, in linea generale, si osserva una diffusa presenza di colonie invernate con poche scorte. Chi si è trovato in areali con importazione estiva-autunnale di melate e edera o semplicemente ha nutrito in maniera adeguata, segnala morie in media o di poco sopra il livello di accettabilità e tendenzialmente una situazione di blocco totale di covata.    

Cosa ha funzionato

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Una strategia è possibile

Le precipitazioni di aprile maggio hanno compromesso la produzione di acacia, ma al contempo hanno favorito le produzioni di millefiori tardo primaverile ed estivo caratterizzato da sulla, trifoglio e girasole. Tale scenario era stato previsto su molti modelli meteo già alla fine dell’anno precedente e nel corso dell’incontro “tecnici in diretta” avevamo osservato la situazione prevista valutando come risultava molto probabile una alta variabilità nelle correnti che avrebbero portato, rispetto alle previsioni degli anni precedenti, una maggiore entità delle precipitazioni come cumulati e come giorni piovosi, con non scarse probabilità di gelate. Questi modelli, evidenziavano una configurazione che delineava il 2023 come un anno apisticamente più da millefiori estivo a discapito delle produzioni primaverili. Un peccato per l’acacia, soprattutto perché l’inizio della primavera stava portando discrete produzioni sul primo miele (erica in primis), ma se la mancata produzione primaverile è dovuta alle precipitazioni e non a gelate tardive le speranze per produrre in estate sono indubbiamente maggiori.

Anche il castagno, seppur non registri produzioni di rilievo dall’arrivo del cinipide, rappresenta un nettare che garantisce quasi sempre qualche kg nel melario, il problema risiede nel fatto che nelle zone vocate a castagno, una volta conclusa questa fioritura estiva, se la melata è assenta non resta molto altro da importare. In conclusione, proprio grazie alle piogge diffuse, per noi apicoltori dannose a primavera, abbiamo potuto giovare di una stagione meno secca con una dinamica inversa rispetto al 2022 dove abbiamo si avuto l’acacia ma, a causa delle mancate precipitazioni, non vi sono state altre produzioni degne di nota. 

 

Gestione meno gravosa degli apiari

Le prolungate piogge di primavera non hanno permesso l’importazione di nettare di acacia ma al contempo hanno limitato il fenomeno della sciamatura che in termini di ore rappresenta un onere altamente gravoso per le aziende apistiche. Anche la nutrizione di emergenza a primavera è stata più contenuta rispetto ad annate passate grazie ad un inizio primavera positivo con discrete importazioni di erica, sulla e millefiori. Fino a fine estate le api hanno mediamente potuto importare nettare senza eccessiva nutrizione da parte delle aziende; le produzioni non sono state eccezionali e in alcuni casi scarse, ma perlomeno non si è verificato lo scenario del 2021 e del 2022 dove, a causa delle gelate di aprile o dell’estrema siccità, gli interventi per salvare gli alveari sono stati incessanti e prolungati.     

nutrizione

Serrata la lotta alla Vespa velutina

Lo scorso anno avevamo segnalato l’espansione della Vespa velutina tra le principali criticità del 2022 e anche quest’anno rappresenta indubbiamente una minaccia in costante espansione. Rispetto allo scorso anno la consapevolezza di questa minaccia si è resa tangibile tra gli apicoltori toscani e di Arpat, insieme alle altre associazioni, sta organizzando una rete di monitoraggio per monitorare l’espansione del calabrone e poter prendere tempestive misure di contenimento. Già da febbraio 2024 sarà imperativo ripartire con il monitoraggio e implementare la rete degli apicoltori in modo da non far avanzare celermente il fronte di espansione del calabrone e essere pronti ognuno nel proprio apiario ad un adeguato contrasto.

In conclusione:

Assenza di acacia, mercato del miele, meno famiglie… molte delle criticità affrontate in questo anno andranno ad impattare anche il prossimo e per queste ragioni non possiamo che guardare l’arrivo del 2024 con malcelata preoccupazione. Abbiamo però un inverno intero per riacquistare le forze e fare una scrupolosa organizzazione, per essere pronti e saper sfruttare le brevi occasioni che ogni stagione, anche la più negativa, riesce comunque ad offrire.