Polline: come produrlo e commercializzarlo
Lo scorso 23 marzo, abbiamo chiesto a Luca Campagnari di tenere un corso sulla produzione e la commercializzazione del polline, data la sua esperienza decennale come tecnico apistico e produttore di polline biologico nell’azienda di famiglia.
Il primo aspetto che Campagnari ha illustrato è l’importanza del polline nell’allevamento delle api, la cui comprensione è fondamentale per mettere in atto pratiche sostenibili di produzione.
Il polline è la fonte proteica dell’alveare, un alimento completo che contiene tutti gli aminoacidi indispensabili per il corretto sviluppo dell’organismo ed è inoltre la materia prima per la produzione della pappa reale.
Una maggiore biodiversità di piante pollinifere e dunque una maggiore varietà dei pollini, garantisce un apporto equilibrato di sostanze nutritive e una migliore salute dell’alveare.
Per produrre polline è importante conoscere il proprio territorio, sia per quanto riguarda la distribuzione delle specie pollinifere, sia per quanto riguarda la presenza di coltivazioni intensive trattate con pesticidi che possono essere fonte di contaminazioni. È fortemente consigliato l’autocontrollo tramite analisi multiresiduali sui lotti di produzione opportunamente identificati per garantire la tracciabilità.
Per produrre polline servono apiari situati in zone a basso rischio di contaminazione e famiglie il più possibile uniformi, forti e sane.
La raccolta del polline avviene attraverso delle apposite trappole che si collocano all’ingresso dell’alveare. Sebbene sul mercato ne esistano svariati modelli, il funzionamento è lo stesso per tutte: l’ape, passando attraverso una griglia con piccoli fori calibrati, perde la cestella di polline attaccata alle zampe posteriori. La cestella ha la forma di una piccola pallina del diametro di 1-2 mm che, una volta staccatasi, cade verso il basso ed attraversa una lamiera forata andando a finire in un cassettino sottostante composto da una rete a maglia stretta tale da consentire una buona circolazione di aria.
Le trappole vanno posizionate solo quando gli alveari sono totalmente sviluppati e non necessitano più di grandi quantità di polline. Una colonia ben popolata con tutti i telaini da nido coperti di api, con melario già posato e ben presidiato è allo stadio ideale per il posizionamento della trappola.
Le trappole vanno posizionate tutte nello stesso momento per evitare fenomeni di deriva, al mattino presto o la sera tardi, in corrispondenza della fioritura pollinifera che si intende sfruttare ed evitando i momenti di forte importazione di nettare.
Ma quale trappola scegliere? Chi vuole produrre polline dovrà necessariamente porsi questa domanda valutando vantaggi e svantaggi delle principali trappole in commercio (trappole da fondo e trappole frontali).
La trappola frontale è senz’altro la più diffusa e ha il vantaggio di ottenere un prodotto più pulito rispetto a quella da fondo, ma necessita di un maggior controllo delle scorte di polline presenti nell’alveare e non può essere lasciata troppo a lungo. Questa tipologia di trappole prevede 2 versioni:
• Trappole basse, che si agganciano direttamente sulle guide di scorrimento della porta d’ingresso appoggiandosi sulla parte del fondo che sporge oltre alla cassa. Se compatibili con il modello di arnia possono essere installate comodamente senza apporre modifiche. Lo svantaggio di questa versione consiste nel cestello di raccolta che risulta molto basso e quindi più esposto all’umidità. Inoltre, come la trappola da fondo, è necessario controllare l’altezza della vegetazione sottostante l’arnia che potrebbe venir a contatto del cassettino e compromettere l’umidità del polline oltre a sporcarlo.
• Trappola ad attacco alto: si avvita sulla parete frontale dell’arnia dopo aver effettuato dei fori di ingresso. Prima dell’istallazione occorre abituare le api ad entrare nell’arnia dai fori alti, pertanto si consiglia di apporre i fori alti di ingresso lasciando aperto il passaggio basso tradizionale per uno due giorni. Successivamente andrà chiusa l’entrata tradizionale per far abituare le api ad entrare solo dall’alto e infine si posizionerà la trappola. Alcuni modelli permettono di alzare la griglia di ingresso per abituare le api alla presenza della trappola senza ostacolare il passaggio. Una volta abituate si può abbassare la griglia e farle così attraversare dai fori stretti.
Il polline va raccolto al massimo ogni 2-3 giorni (meglio alla sera prima dell’umidità notturna) o il prima possibile in caso di pioggia, che può compromettere il prodotto raccolto.
La quantità e la dimensione del polline raccolto mi darà molte informazioni, sia sullo stato di salute degli alveari, sia sullo stato della fioritura, e potrà anche indicarmi quando è l’ora di togliere la trappola.
Il polline chiuso in contenitori ermetici e pulito grossolanamente, dovrà essere portato il prima possibile in congelatore a -18°C e conservato fino alle fasi di lavorazione:
– Lavorazione per la conservazione (deumidificazione ad alte o a basse temperature)
– Pulizia manuale o con vagliatore
– Abbattimento in congelatore a -18°C per almeno 48 h per eliminare la vitalità delle uova di tarma o altro insetto
– Confezionamento, etichettatura e commercializzazione come polline secco, polline deumidificato fresco e polline fresco.
Il polline fresco non subisce alcun processo di deumidificazione e resta tal quale, mantenendo inalterate le proprietà organolettiche. Tuttavia, si altera più facilmente e va posta attenzione alla corretta conservazione in congelatore e al mantenimento della catena del freddo nella fase di commercializzazione. Uno scongelamento accidentale per poche ore non è comunque pericoloso per la salute del consumatore.
Il corso è stato partecipato e ricco di spunti. Tra gli approfondimenti richiesti al docente, i possibili effetti avversi del consumo di polline sui soggetti allergici: il polline in quanto veicolo di allergeni è un alimento da consigliare senz’altro con cautela ai soggetti allergici ed è possibile indicarlo in etichetta.
Tra le curiosità, la nuova moda di commercializzare il “pane d’api”, estratto tal quale dai favi con una macchina apposita. Il polline dentro le cellette del favo ha subito la fermentazione lattica e sarebbe più digeribile e più biologicamente attivo, anche se la necessità di estrarlo nel periodo autunnale in un momento delicato per l’alveare desta qualche perplessità.
a cura di: Simona Pappalardo
Foto: Michele Valleri