Replichiamo! Alla scoperta dell’idromele – segreti e curiosità sul nettare degli dei

Dopo il successo dello scorso febbraio replichiamo la nostra serata di degustazione di Idomele domenica 29 maggio alle 17:00 sempre presso la biblioteca delle Oblate.

Insieme ad un team composto da tecnici apistici e sommelier, asseggeremo alcuni idromeli selezionati suggerendo peculiarità ed abbinamenti.

L’incontro è gratuito e aperto a tutti ma è obbligatoria la prenotazione da effettuare attraverso la biblioteca e NON con la segreteria Arpat.

Se sei un apicoltore produttore di idromele potrai partarlo per condividerlo con la platea e con i sommelier presenti in sala.

Vi aspettiamo!

Polline: come produrlo e commercializzarlo

Lo scorso 23 marzo, abbiamo chiesto a Luca Campagnari di tenere un corso sulla produzione e la commercializzazione del polline, data la sua esperienza decennale come tecnico apistico e produttore di polline biologico nell’azienda di famiglia.

Il primo aspetto che Campagnari ha illustrato è l’importanza del polline nell’allevamento delle api, la cui comprensione è fondamentale per mettere in atto pratiche sostenibili di produzione.

Il polline è la fonte proteica dell’alveare, un alimento completo che contiene tutti gli aminoacidi indispensabili per il corretto sviluppo dell’organismo ed è inoltre la materia prima per la produzione della pappa reale.

Una maggiore biodiversità di piante pollinifere e dunque una maggiore varietà dei pollini, garantisce un apporto equilibrato di sostanze nutritive e una migliore salute dell’alveare.

Per produrre polline è importante conoscere il proprio territorio, sia per quanto riguarda la distribuzione delle specie pollinifere, sia per quanto riguarda la presenza di coltivazioni intensive trattate con pesticidi che possono essere fonte di contaminazioni. È fortemente consigliato l’autocontrollo tramite analisi multiresiduali sui lotti di produzione opportunamente identificati per garantire la tracciabilità.

Per produrre polline servono apiari situati in zone a basso rischio di contaminazione e famiglie il più possibile uniformi, forti e sane.

La raccolta del polline avviene attraverso delle apposite trappole che si collocano all’ingresso dell’alveare. Sebbene sul mercato ne esistano svariati modelli, il funzionamento è lo stesso per tutte: l’ape, passando attraverso una griglia con piccoli fori calibrati, perde la cestella di polline attaccata alle zampe posteriori. La cestella ha la forma di una piccola pallina del diametro di 1-2 mm che, una volta staccatasi, cade verso il basso ed attraversa una lamiera forata andando a finire in un cassettino sottostante composto da una rete a maglia stretta tale da consentire una buona circolazione di aria.
Le trappole vanno posizionate solo quando gli alveari sono totalmente sviluppati e non necessitano più di grandi quantità di polline. Una colonia ben popolata con tutti i telaini da nido coperti di api, con melario già posato e ben presidiato è allo stadio ideale per il posizionamento della trappola.

Le trappole vanno posizionate tutte nello stesso momento per evitare fenomeni di deriva, al mattino presto o la sera tardi, in corrispondenza della fioritura pollinifera che si intende sfruttare ed evitando i momenti di forte importazione di nettare.

Ma quale trappola scegliere? Chi vuole produrre polline dovrà necessariamente porsi questa domanda valutando vantaggi e svantaggi delle principali trappole in commercio (trappole da fondo e trappole frontali).
La trappola frontale è senz’altro la più diffusa e ha il vantaggio di ottenere un prodotto più pulito rispetto a quella da fondo, ma necessita di un maggior controllo delle scorte di polline presenti nell’alveare e non può essere lasciata troppo a lungo. Questa tipologia di trappole prevede 2 versioni:

Trappole basse, che si agganciano direttamente sulle guide di scorrimento della porta d’ingresso appoggiandosi sulla parte del fondo che sporge oltre alla cassa. Se compatibili con il modello di arnia possono essere installate comodamente senza apporre modifiche. Lo svantaggio di questa versione consiste nel cestello di raccolta che risulta molto basso e quindi più esposto all’umidità. Inoltre, come la trappola da fondo, è necessario controllare l’altezza della vegetazione sottostante l’arnia che potrebbe venir a contatto del cassettino e compromettere l’umidità del polline oltre a sporcarlo.

Trappola ad attacco alto: si avvita sulla parete frontale dell’arnia dopo aver effettuato dei fori di ingresso. Prima dell’istallazione occorre abituare le api ad entrare nell’arnia dai fori alti, pertanto si consiglia di apporre i fori alti di ingresso lasciando aperto il passaggio basso tradizionale per uno due giorni. Successivamente andrà chiusa l’entrata tradizionale per far abituare le api ad entrare solo dall’alto e infine si posizionerà la trappola. Alcuni modelli permettono di alzare la griglia di ingresso per abituare le api alla presenza della trappola senza ostacolare il passaggio. Una volta abituate si può abbassare la griglia e farle così attraversare dai fori stretti.

Il polline va raccolto al massimo ogni 2-3 giorni (meglio alla sera prima dell’umidità notturna) o il prima possibile in caso di pioggia, che può compromettere il prodotto raccolto.

La quantità e la dimensione del polline raccolto mi darà molte informazioni, sia sullo stato di salute degli alveari, sia sullo stato della fioritura, e potrà anche indicarmi quando è l’ora di togliere la trappola.

Il polline chiuso in contenitori ermetici e pulito grossolanamente, dovrà essere portato il prima possibile in congelatore a -18°C e conservato fino alle fasi di lavorazione:

Lavorazione per la conservazione (deumidificazione ad alte o a basse temperature)
Pulizia manuale o con vagliatore
Abbattimento in congelatore a -18°C per almeno 48 h per eliminare la vitalità delle uova di tarma o altro insetto
Confezionamento, etichettatura e commercializzazione come polline secco, polline deumidificato fresco e polline fresco.

Il polline fresco non subisce alcun processo di deumidificazione e resta tal quale, mantenendo inalterate le proprietà organolettiche. Tuttavia, si altera più facilmente e va posta attenzione alla corretta conservazione in congelatore e al mantenimento della catena del freddo nella fase di commercializzazione. Uno scongelamento accidentale per poche ore non è comunque pericoloso per la salute del consumatore.

Il corso è stato partecipato e ricco di spunti. Tra gli approfondimenti richiesti al docente, i possibili effetti avversi del consumo di polline sui soggetti allergici: il polline in quanto veicolo di allergeni è un alimento da consigliare senz’altro con cautela ai soggetti allergici ed è possibile indicarlo in etichetta.

Tra le curiosità, la nuova moda di commercializzare il “pane d’api”, estratto tal quale dai favi con una macchina apposita. Il polline dentro le cellette del favo ha subito la fermentazione lattica e sarebbe più digeribile e più biologicamente attivo, anche se la necessità di estrarlo nel periodo autunnale in un momento delicato per l’alveare desta qualche perplessità.

a cura di: Simona Pappalardo

Foto: Michele Valleri

Il favo a maschio per la lettura della febbre sciamatoria

L’impiego del favo a maschio non rappresenta una tecnica di controllo della sciamatura bensì un metodo rapido e veloce per poter leggere i segnali che una famiglia in procinto di sciamare ci fornisce.
Introducendo un favo a maschio nell’alveare potrò ad ogni visita iniziare il controllo ispezionandolo e valutare se la colonia avrà bisogno di essere visitata integralmente o meno. In questo modo eviterò di arrecare un disturbo eccessivo alla colonia e guadagnerò del tempo per altre colonie che necessitano interventi.

La presenza di un favo a maschio spinge la colonia ad avere una covata più ordinata con la deposizione a fuco in un solo telaino e senza dover deformare gli altri favi femminili per la costruzione di covata maschile. Ciò renderà al contempo più difficile la formazione di celle reali che saranno prevalentemente collocate proprio sul favo a fuco.

Ci sono in commercio vari telaini a scomparti destinati all’allevamento di covata a fuco (in foto il modello di Aldo Baragatti), in alternativa se a primavera inserisco un telaino da melario o un telaino da nido, dal quale rimuoverò una metà del foglio cereo nella parte bassa compresi i fili, le api riempiranno gli spazi vuoti con un favo naturale per ospitare covata a fuco.

A primavera, quando le colonie iniziano l’accrescimento ed inizia ad entrare il primo nettare il favo a maschio viene collocato subito dopo il diaframma, in questo modo sarà il primo telaino ad essere visitato.
Una volta costruito dalle api ad ogni visita andrò a rimuoverne una porzione per vedere, quando tornerò in apiario, come la colonia avrà reagito a questa operazione.

Solitamente si verificano i seguenti casi:

  • Favo a maschio ricostruito con uova dentro le nuove celle: la regina depone normalmente e difficilmente sarà in febbre sciamatoria con cupolini o celle reali negli altri telaini. In apicoltura non ho mai la certezza assoluta ma solitamente con questa situazione non sarà necessario visitare la colonia per scellare.
  • Favo a maschio ricostruito con miele dentro le celle: in questo caso la regina è stata preceduta dalle operaie che hanno impiegato il favo a fuco per la collocazione di nettare fresco. Il motivo per questo comportamento è riconducibile a vari fattori che mi costringono a visitare gli altri telaini. È possibile che la regina non sia particolarmente performante o che l’apicoltore abbia allargato troppo il nido. In questi casi dovrò valutare la regina considerando che un individuo in salute depone più di 2000 uova al giorno riuscendo a mantenere coperti completamente 6 telaini. Alla luce di queste caratteristiche è ovvio che più tendo a lavorare su 9 o addirittura 10 telaini più la lettura del favo a fuco sarà meno precisa. Se ovviamente la presenza di miele nel favo a maschio è accompagnata da altri segnali che indicano la febbre sciamatoria dovrò prendere delle misure di intervento in tal senso.   
  • Favo non ricostruito: possibile allargamento eccesivo del nido in concomitanza con un calo di importazione o problemi sanitari. È ovvio che in questo caso si visita la famiglia per comprendere l’origine di tale situazione.
  • Favo a maschio con cupolini e/o celle reali: situazione di febbre sciamatoria in atto con conseguente diminuzione dell’attività di deposizione delle regine. Dovrò visitare il nido in cerca di altre celle e valutare se la sciamatura è reversibile o meno.

Se volete approfondire questa tematica ne parleremo online, in occasione di tecnici in diretta (LINK), mercoledì 17 aprile alle 21:00 

a cura di: Michele Valleri

Ultimi giorni per attivare la Polizza di mancata produzione

Rinnovata anche per la stagione 2024 la polizza per la mancata produzione del miele per andamento stagionale avverso, API-CARE, di Generali, tramite l’Agenzia Fidelis.

Se hai partecipato al convegno hai potuto ascoltare l’esperienza del 2023, anno di prima introduzione della polizza, e le prospettive per il 2024.  

Nel 2023, sono stati assicurati più di 300 apiari, per un totale di quasi 14.000 alveari, in quattro regioni italiane. A fronte di danni generalizzati su tutte le aziende assicurate, sono stati liquidati circa 1 Mln di euro di indennizzi. I soci Arpat che nel 2023 hanno stipulato la polizza hanno riportato una esperienza complessivamente positiva.

Generali ha confermato la possibilità di assicurarsi per il 2024, seppure con degli aggiustamenti che porteranno a condizioni meno favorevoli rispetto al 2023. Alcune novità potrebbero dipendere dal nuovo PGRA 2024 in uscita in questi giorni.

Se possiedi più di 50 alveari e sei interessato a sottoscrivere la polizza compila la scheda e inviala al responsabile Sig. Fabio Campoli  apicareagenziadiguastalla@gmail.com  e per conoscenza a info@arpat.info, per richiedere un preventivo di massima personalizzato per un primo orientamento sui costi. Nella mail ti preghiamo di segnalare se sei socio Conapi.


I tempi sono stretti ed è bene iniziare al più presto ad interloquire con l’agenzia. Ti suggeriamo quindi di inviare la richiesta il prima possibile, comunque non oltre venerdì 8 marzo.

Congresso AAPI 2024 – i temi trattati

Si è da poco concluso il convegno degli apicoltori professionisti Aapi che da 38 anni rappresenta un momento di formazione fondamentale per le aziende e tutto il settore apistico.
Ripercorriamo brevemente i tanti temi affrontati prima di parlarvene in maniera più approfondita nel prossimo incontro online con i tecnici mercoledì 21 febbraio.

Mercoledì 31 gennaio i lavori del giorno si sono incentrati sui progetti della rete di tecnici franco italica. Sono stati presentati i risultati del progetto Innov’api e i nuovi dati sugli studi condotti per Apin’verno. Importanti i dettagli emersi sul rapporto ape-virus-invernamento in relazione alle pratiche apistiche da effettuarsi durante la stagione fredda.
Altrettanto interessante il focus sull’impiego del pintest, strumento comparativo all’interno di un apiario o gruppo di alveari, per poter determinare l’efficacia del comportamento igienico di una colonia nei confronti di una covata compromessa.
Pin test che ha anticipato i lavori del pomeriggio su: ecologia e relazione ape-varroa e uno sguardo all’apicoltura internazionale con le esperienze di aziende apistiche di Angola e Australia.

La giornata del primo febbraio è stata dedicata a tematiche di politica apistica e ai rapporti tra associazioni di settore e politiche agricole comunitarie. Si è rilevata una giornata importante per comprendere come le nostre associazioni regionali, nazionali ed europee, beelife in primis, si muovono in ambito politico per intervenire sulle normative che influenzano il nostro settore. Data l’attuale situazione in cui verte il mercato del miele è stato richiesto un intervento per comprendere certe dinamiche che stanno pesantemente condizionando il nostro settore. Entreremo più in dettaglio sulle dinamiche di mercato nel prossimo “tecnici in diretta”.

Tra le misure da adottare per arginare questo mercato compromesso da adulterazioni è necessario disporre di laboratori e protocolli complessi ed una fitta rete di rilevazioni ed analisi per poter intervenire in maniera concreta. Solo dopo aver predisposto ciò sarà possibile ambire ad avere una normativa più cautelativa verso la produzione di miele di qualità. Appare ovvio come queste esigenze, purtroppo, non possono essere assolte prima di alcuni anni.
Unaapi si è spesa nel cercare di ottenere un sostegno per l’acquisto di nutrizione per le colonie necessaria durante i trattamenti acaricidi. A livello ministeriale pare ci siano buone possibilità che questo obbiettivo possa essere raggiunto sostenendo così l’apicoltore in un delicato momento di gestione degli alveari.
Altre iniziative mirate per la compensazione del mancato reddito mirano alla possibilità di stipulare polizze per tutelare la mancata produzione, nel corso del pomeriggio sono state raccontate le esperienze del primo anno.

La mattinata del terzo giorno è stata dedicata all’allevamento e selezione di api regine e alla normativa apistica.
L’apicoltore del Lussemburgo Paul Jungels ha riassunto i sui 40 anni di esperienze finalizzati alla selezione di api regine buckfast resistenti alla varroa. Il suo lavoro è stato possibile grazie alla cooperazione di tanti apicoltori che hanno creduto al progetto e lo hanno portato avanti fino ad ottenere api con elevata tendenza all’igienicità. Nel concreto alcune linee non necessitano più i 2 trattamenti acaricidi mantenendo comunque la produttività.
Anche in Italia esistono progetti di selezione altrettanto importanti come il progetto Sesamelc presentato dal presidente di Aissa Elio Bonfanti. Il progetto prevede la realizzazione nel territorio nazionale di zone di fecondazione controllata (ADA) negli areali di ligustica e carnica. In queste stazioni controllate gli apicoltori possono portare i propri nuclei di fecondazione per fecondare le regine con fuchi certificati e selezionati per genetica e morfometrica.
Nella seconda parte della mattinata si è parlato di normativa con particolare attenzione alle problematiche derivate del nuovo manuale operativo dell’anagrafe apistica. Il dott. Vanni Floris e Montemurro hanno sviscerato il lavoro di Unaapi per rivedere le modifiche apportate al nuovo manuale che a causa dell’aggravio di richieste impensabili sul lato pratico rischia di complicare infinitamente il lavoro degli apicoltori.
Successivamente Etienne Bruneau (in foto), vice presidente del gruppo miele del Copa-Cogeca si è focalizzato nell’analizzare le problematiche di produzione legate ai cambiamenti climatici, più volte abbiamo affrontato la questione durante i nostri incontri online e nel prossimo nostro appuntamento di febbraio riassumeremo i punti importanti di questo intervento.
Le altre probatiche di settore, e possibile strategie di resistenza, sono state riassunte da Francesco Panella nella successiva presentazione.
Per poter avere maggiore capacità di intervento per far fronte ai cambiamenti climatici Ravelli ha illustrato i primi dati di un sistema previsionale per la produzione del miele mentre gli ultimi argomenti della giornata hanno riguardato le tecniche apistiche impiegabili per far fronte alle problematiche emerse in precedenza grazie a: spunti di gestione del miele (spesso umido) e disposizione degli alveari dal punto di vista della coibentazione.

Ultimo giorno di congresso riservato alle prove di campo del CRT – Centro di Riferimento Tecnico per l’Apicoltura: Patologie Apistiche (CRTPAU). Da anni il CRT rappresenta un’importante occasione di confronto e di scambio, ma anche di coordinamento di quanti si occupano di sanità degli alveari all’interno delle organizzazioni Associate ad Unaapi. La varroa è tristemente la prima protagonista dei progetti della rete; ma non potevano mancare interventi riguardanti le nuove avversità che da alcuni anni il settore sta cercando di contrastare: Vaspa velutina e Aethina tumida. Proprio sulla Vespa velutina Arpat si sta organizzando con una fitta rete di monitoraggio in cui tutti i soci possono dare una mano.

Dal convegno Aapi – l’andamento produttivo del miele 2023

Ogni anno in estate l’associazione apicoltori professionisti italiani Aapi si dà appuntamento per fare il punto su varie questioni di interesse apistico, e stimare i primi bilanci produttivi di miele.

Prima del giro di tavolo sulle produzioni il convegno si è aperto con le testimonianze degli apicoltori dell’Emilia Romagna sulle gravi perdite di apiari conseguenti ai fenomeni alluvionali dello scorso maggio. Arpat era presente all’evento e, grazie anche alle rilevazioni comunicate dall’Osservatorio Nazionale Miele, ha raccolto un quadro esaustivo (e negativo) su questa stagione 2023 che sta per concludersi.

Vediamo in seguito le produzioni, fino al mese di luglio, suddivise per regione e tipologia di miele

Acacia

Nel nord Italia abbiamo avuto rari picchi di produzione in Piemonte e Lombardia dove si sono raggiunti rispettivamente i 10 e 8kg ad alveare. Tuttavia tali dati restano più un’eccezione che una regola in quanto la maggior parte delle aziende ha fatto registrare su tutte le regioni del nord medie vicine allo zero.

Non va meglio al centro Italia dove spesso si è prodotto un’acacia non rispondente per colore troppo scuro e quindi venduta come millefiori. Nel Lazio si sono misurati rari picchi produttivi sopra i 10kg ad alveare ma anche in questa regione, come in Toscana, la maggior parte delle aziende non sono riuscite a produrre miele di acacia.

Nel sud Italia è andata addirittura peggio con il poco miele prodotto spesso lasciato alle api e con picchi produttivi che in nessun caso arrivano a 5kg ad alveare.

In definitiva la produzione di miele di acacia 2023 è stata disastrosa al pari, se non peggio, del 2021. Le cause da ricondurre al mancato raccolto sono principalmente di carattere climatico: in primo luogo la siccità del 2022 ha mantenuto le piante in stress, poi la fioritura è stata danneggiata dalle gelate tardive di inizio aprile e infine il perdurare delle precipitazioni a maggio e giugno non hanno permesso la raccolta dei pochi fiori rimasti.  

gopr0263

Agrumi

Importante monoflora del sud Italia, ha deluso le aspettative per cause climatiche analoghe a quanto accaduto per l’acacia. Le medie registrate vedono in Puglia le produzioni migliori con medie sopra il melario a seguire la Basilicata e il nord della Calabria con medie sui 10-12kg ad alveare; molto peggio nel resto delle regioni.

Sulla

La fioritura di sulla cade in concomitanza con quella dell’acacia ma rispetto a quest’ultima ha un periodo di fioritura più esteso con fiori più resistenti alle intemperie. Per queste ragioni le produzioni sono state migliori con punte di 20kg ad alveare in Toscana, anche se non sempre riconducibili ad un monoflora di sulla in purezza.

Nelle altre regioni registriamo produzioni eterogenee e altalenanti che, volendo estrapolare una media, si attestano a circa 10-15kg ad alveare.

Tiglio

La fioritura di tiglio di pianura si è verificata in seguito alla mancata produzione di acacia con colonie che spesso avevano una grave carenza di scorte. Per tali ragioni molte aziende hanno preferito lasciare il nettare di tiglio agli alveari o smielarlo in un secondo momento producendo millefiori grazie all’arrivo di altre fonti nettarifere. In Toscana, in particolare in provincia di Firenze, e in parte del Lazio si sono viste produzioni (comunque appena sufficienti) e spesso legate a situazioni eterogenee e interventi di nutrizione per tenere le colonie in forze.

Castagno

Il castagno negli areali vocati di tutta la nazione ha medie che oscillano intorno al melario anche se, dalle segnalazioni registrate, pare vi siano state rese maggiori in montagna soprattutto in Lombardia e Piemonte. Anche in Toscana le produzioni migliori si registrano in quota e spesso accompagnate da una buona produzione di polline.

Altri monoflora

A causa delle avverse condizioni climatiche la produzione di miele monoflora primaverile (erica, tarassaco, pero, colza, asfodelo) risulta molto scarsa.

Meglio nella seconda parte di stagione dove sono stati raccolti i seguenti monoflora:

Ailanto: nell’areale limitrofo a Roma 10 kg/alveare;

Cardo: in Sardegna con raccolti scarsi di circa 5-6 kg/alveare;

Coriandolo: registra produzioni molto eterogenee con buone rese solo in Molise mentre nelle altre regioni vocate si registrano i seguenti valori: Puglia medie dimezzate, Marche: 2-6 kg/alveare, Emilia Romagna: 3-8 kg/alveare.

Rododendro: buone produzioni 15-20 kg/alveare Piemonte, Lombardia, Trentino

cloniefeb2020

Millefiori

È stato prodotto del millefiori primaverile negli areali in cui i vari monoflora sono stati “declassati” a millefiori (vedi acacia e sulla), tuttavia le condizioni meteo non ne hanno favorito una buona raccolta.

Meglio le produzioni di millefiori estivo a partire dalla seconda metà del mese di giugno, dove è stato possibile ottenere discreti raccolti in alcune zone del Centro e del Sud specialmente su piante erbacee il cui sviluppo è stato favorito dalle piogge dei mesi precedenti. La Maremma, ad esempio, ha complessivamente beneficiato delle numerose precipitazioni per le produzioni di millefiori a prevalenza di trifoglio.

Bene anche le produzioni di Millefiori Alta Montagna delle Alpi grazie alle alte temperature: 28-15kg/alveare in Trentino, 13 kg/alveare in Friuli, 25 kg/alveare in Piemonte.

Conclusioni

Senza i nettari primaverili, ed in particolare l’acacia, la stagione 2023 non può che risultare negativa.

Sebbene in estate le condizioni climatiche non siano risultate avverse, buona parte delle colonie non sono state in gradi di sfruttare appieno le fioriture e quindi, anche nella seconda parte di stagione le medie produttive non risultano soddisfacenti.

Purtroppo questo 2023 risulta molto simile al 2021 anno ricordato come il peggiore degli ultimi 50 anni… è forse questa la normalità a cui saremo costretti ad abituarci?

La didattica in apiario – piccoli consigli ed esperienze

In seguito alle richieste dei propri soci Arpat, lo scorso 21 giugno, ha organizzato un seminario sulla didattica per l’azienda apistica curato da Livilla Maggi  tecnica dell’Associazione  Apilombardia.

Trasmettere e raccontare la propria professione attraverso iniziative di condivisione, come appunto la didattica, può di fatto rappresentare una risorsa per valorizzare i propri prodotti, aumentare il bacino dei clienti e, non ultimo, avere un reddito diretto da tali iniziative.

Lo scopo del corso è stato  in primo luogo sottolineare che per proporre l’attività di  didattica in apicoltura sia importantissima la formazione, con la consapevolezza che si tratta di un lavoro ben diverso dalla professione di apicoltore e che prende tempo ed energie in momenti dell’anno in cui è necessaria la massima concentrazione anche sulle api. 

Livilla Maggi ci ha illustrato inoltre alcune sue esperienze dirette attraverso esempi di attività con cui coinvolgere il visitatore attraverso le api e il più semplice impiego di pannelli e materiale informativo.
A prescindere dalla struttura che vorrete dare alla vostra attività il primo passo da intraprendere consiste nell’autoformazione: per allevare le api abbiamo speso ore per leggere libri, partecipare a corsi e seminari e abbiamo seguito il lavoro dei più esperti… la didattica non fa eccezione, si deve quindi seguire lo stesso scrupoloso percorso formativo.

Solo quando avremo delineato l’attività e ci sentiremo  in grado di trasmetterla potremo concentrarci sulla sua organizzazione considerando molti fattori dei quali ve ne citiamo alcuni:

  • il gruppo di persone a cui voglio destinare l’attività (bambini, adulti, turisti, misto…ecc);
  • che informazioni intendo fornire e cosa ritengo che desiderino i visitatori;
  • se possibile confronto con i visitatori prima (nel caso si intraprenda un percorso con le scuole, ad esempio, è fondamentale parlare con gli insegnanti per definire come svolgere la visita);
  • se i mezzi (anche pullman) possono arrivare nel luogo adibito all’evento;
  • organizzare il materiale con cui si intende interagire (miele, api, arnie, poster informativi…)
  • prevedere possibili incidenti ed essere attrezzati per un primo soccorso e, se si intende portare i visitatori sulle api, eventualmente far firmare un documento di scarico di responsabilità.

Attraverso il materiale didattico e le attività pratiche si creerà l’esperienza e se saremo bravi nel comunicare la nostra passione sicuramente avremo un riscontro positivo, persone informate sull’importanza delle api e…nuovi clienti.

Il seminario è stato in fine arricchito dall’interessante intervento di Marina Vannini, apicoltrice associata e tecnica Arpat.

L’azienda di Marina, divisa tra i terreni a Prato e i locali per la smielatura vicino Vernio, produce principalmente miele e da quest’anno, grazie anche al suo titolo di studio e all’esperienza maturata portando le api nelle scuole con Arpat, ha incluso la didattica tra le attività aziendali.

“Le difficolta maggiori per iniziare” ha affermato Marina “risiedono principalmente nella burocrazia e nel trovare personale preparato per normare l’attività. Arpat e le altre associazioni di categoria hanno aiutato ma mettere a regime gli spazi, i bagni e ottenere l’idoneità delle strutture già in essere si è rilevato un procedimento lungo e tortuoso. Io e, soprattutto il mio geometra, abbiamo dovuto studiare a fondo la normativa per non incappare in spiacevoli soprese una volta avviata l’attività”.

“Prima di iniziare a portare i visitatori in campo, ho fatto pratica con amici, colleghi e conoscenti per avere un primo feedback su come era strutturata la mia visita che ha circa una durata di un’ora e venti. Uso l’arnia didattica con cui mi sento più tranquilla e faccio vedere gli alveari a distanza di sicurezza”.

“Al momento mi baso sul passaparola e tengo un prezzo basso per le visite per garantire più visitatori e invogliarli nell’acquisto del miele, ma i prossimi passi consisteranno nell’ampliare l’attività alle scuole e nel rendere agibili per le attività anche i locale di smielatura”.

Fare didattica è un lavoro diverso rispetto all’attività apistica ma è indubbio che a noi apicoltori piace raccontare e trasemttere la passione per quello che facciamo e, indubbiamente, non ci scoraggiamo alle prime difficoltà.

Michele Valleri

Scadenza attivazione assicurazione alveari

Ricordiamo a tutti i soci che sono interessati alla polizza assicurativa RCT per gli alveari e che ancora non l’hanno attivata, che la scadenza è il 31 luglio p.v. 

Clicca qui per accedere al modulo di iscrizione e a tutte le informazioni per stipulare la polizza.

Partecipa al questionario Coloss

Negli ultimi anni molti apicoltori dell’emisfero settentrionale assistono ogni anno alla morte di un numero elevato delle loro colonie di api mellifere. Queste morti minacciano la sicurezza alimentare globale poiché l’ape mellifera, così come numerose altre specie di insetti, fornisce un importante servizio di impollinazione all’agricoltura.

Attraverso il progetto Coloss per il monitoraggio delle perdite di colonie e BEEBOOK, si riesce a raccogliere dati su questi decessi al fine di fornire informazioni e consigli appropriati alle parti interessate, compresi i responsabili politici del governo.

Attualmente ci sono grandi lacune nella conoscenza del motivo per cui le colonie stanno morendo a un livello così allarmante.

Parassiti che si sono introdotti sono visti come particolarmente devastanti, L’acaro Varroa destructor, ad esempio, è probabilmente uno dei protagonisti. Non solo il parassita si nutre del sangue delle api, ma debilita anche il sistema immunitario e trasporta una serie di virus che possono causare ulteriori danni. Sebbene esistano varie strategie che abbassano l’ infestazione del parassita, finora nessuna è stata sostenibile.

Anche i cambiamenti ambientali dovuti all’uso del suolo possono influenzare la salute delle api mellifere.

La nutrizione gioca un ruolo importante per la resistenza alle malattie, ma la diversità delle fonti alimentari floreali per le api da miele è in declino nei paesaggi agricoli. Inoltre, l’influenza dei prodotti chimici per l’agricoltura e dell’inquinamento è stata dimostrata nelle singole api mellifere, ma il modo in cui influenzano la colonia rimane poco compreso.

Inoltre, la gestione delle colonie può influenzare notevolmente il processo di adattamento naturale all’ambiente. Gli sforzi di allevamento passati si sono concentrati sulla produzione e sul temperamento del miele; tuttavia, sono urgentemente necessari nuovi programmi per allevare animali resistenti alle malattie, preservando cosi il loro futuro,

A causa della miriade di fattori che influenzano la salute delle api da miele a livello internazionale, il mezzo più efficace per migliorare il benessere delle api è adottare un approccio internazionale e coordinato, e così è nato COLOSS.

Pertanto anche ARPAT ha aderito al progetto senza riserve, ed insieme ad UNAAPI, promuove il progetto con orgoglio e forza.

I questionari sono compilabili online ai seguente link:

Questionario COLOSS mortalità delle colonie

Questionario sulla nutrizione

Sito coloss

Incontro territoriale Pisa

Incontro territoriale

PISA

Parleremo di:

  • Sciamatura e gestione della sciamatura
  • Stato di salute delle colonie
  • Aggiornamento meteo
  • Nutrizione

3 Maggio 2023
Ore 21:00

c/o Circolo unione del lavoro

Via Stradiola, 43 - Cascina

Alessandro 334 8399 100

L' incontro si svolge sempre il primo mercoledì di ogni mese