dsc 0637Ci arrivano segnalazioni da molti soci che visitando le api, hanno individuato presenza di varroa sulle api, virosi e segni di spopolamento riconducibili al parassita. Nonostante l’emergenza che stiamo vivendo cerchiamo di non abbassare la guardia sulla varroa e comprendere perché si è verificato ciò e che misure possiamo fare in merito.

Perché c’è tanta varroa?

-Annata 2019 negativa
La primavera 2020 segue un’annata caratterizzata da un’infestazione molto abbondante di varroa e raccolti molto scarsi fino ad inizio autunno. Da settembre 2019 si è assistito ad un miglioramento delle condizioni meteo con discreti raccolti di inula e di edera e ciò ha permesso anche alle famiglie compromesse da fame e da varroa di deporre abbastanza covata ed accumulare scorte sufficienti per entrare in inverno.

-La bassa mortalità invernale 
L’inverno mite appena trascorso (che pare si stia sfogando proprio in questi giorni) ha permesso alle famiglie più debilitate e più suscettibili alla varroa di sopravvivere alla “brutta” stagione e di incrementare la superficie di covata già da gennaio-febbraio.

L’inverno solitamente uccide le famiglie più deboli e piccole le quali, per cercare di sopperire all’inadeguatezza numerica, continuano a deporre col risultato di favorire ulteriormente la varroa presente.

Dato che fino al 20 marzo la mortalità degli apiari era sotto il 10% è presumibile che molte famiglie siano sopravvissute portandosi dietro un carico di varroa destinato a trasferirsi adesso alle altre colonie dell’apiario e della zona. Inoltre la mortalità, non essendosi concentrata nel periodo dei trattamenti (novembre-dicembre), potrebbe aver favorito la formazione di focolai di reinfestazione nei mesi successivi quando ormai in molti avevano già effettuavano i trattamenti.

 
-I trattamenti inefficaci o effettuati con modalità non corrette: una problematica che purtroppo si presenta tutti gli anni.
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Se i trattamenti estivi non sono stati effettuati correttamente o si sono presentate situazioni sfavorevoli (temperature avverse, focolai vicini), il carico di varroa in inverno è talmente alto che anche se un trattamento invernale uccidesse il 99% della varroa, lascierebbe un numero di acari sufficiente a compromettere la salute delle api già dalla primavera successiva.

Purtroppo le prove di campo condotte in collaborazione col CRT Unaapi, stanno dimostrando che i trattamenti invernali hanno un efficacia media intorno al 90-95% senza considerare la presenza in apiario di alcune famiglie con infestazioni di gran lunga superiori alla media. Queste colonie necessitano una individuazione rapida ed una gestione mirata poiché attraverso deriva e saccheggio fungono da serbatoi di reinfestazione.

Per contrastare la varroa in inverno abbiamo meno soluzioni in quanto non possiamo fare affidamento sui prodotti evaporanti a base di formico o timolo. La “scelta” si restringe quindi ai trattamenti chimici autorizzati (apistan, apivar, apitraz, polyvar yellow ecc) e apibioxal (sublimato e gocciolato).

I trattamenti chimici sono di facile impiego ma un loro utilizzo reiterato in azienda o in una determinata zona da parte di più apicoltori, può diminuire l’efficacia provocando fenomeni di resistenza.

L’Apibioxal gocciolato è stato probabilmente uno dei trattamenti più usati nell’inverno 2019-2020 in quanto le temperature miti permettevano di aprire le casse e bagnare le colonie, inoltre il blocco totale di covata (fondamentale per una corretta riuscita di questo trattamento) si è verificato a fine 2019. Nelle stazioni più miti e a ridosso delle città le famiglie entrano in blocco con difficoltà o per poco tempo in tardo inverno, inoltre come detto in precedenza le famiglie infestate e numericamente piccole non smettono quasi mai di covare. E’ probabile che un certo numero di apicoltori non abbiano verificato la presenza di covata gocciolando in parte o totalmente “alla cieca” e ritenendo che le colonie fossero in blocco quando in realtà non tutte lo erano. Ribadiamo che, non potendo ripetere il gocciolato in inverno per rendere questo trattamento efficace, è necessario verificare la presenza di covata telaino per telaino e se presente, disopercolarla, asportarla o ingabbiare la regina anche per un periodo prolungato.

 

L’acido ossalico sublimato ha il grande vantaggio di poter essere somministrato senza aprire l’arnia e senza bagnare le api. Ciò permette un utilizzo anche in presenza di covata perché ripetibile più volte (si consiglia in ogni caso di effettuarlo in prossimità del presunto o meglio accertato blocco). Il numero preciso di trattamenti da fare a cadenza di 5-7 giorni non esiste e varia di stagione in stagione e da apiario ad apiario. Alcuni anni sono sufficienti 3 trattamenti, a distanza di 5/6 giorni, di sublimato per non vedere più varroe cadere nel cassettino, altre volte, come quest’anno, sono stati spesso necessari 4-5 passaggi. E’ possibile quindi che ci siano stati cicli di trattamento insufficienti. Altro problema può derivare dai sublimatori “fatti in casa” che non sempre operano alla temperatura corretta per sublimare il principio attivo riducendo notevolmente l’efficacia.

Come faccio a capire se ho molta varroa?

varroa covata

Monitorare la varroa è importante per tutti gli apicoltori e dato che a breve sarà necessario intervenire per scellare si presenterà una buona occasione per osservare con attenzione la presenza di varroa o di virosi. Ciò potrà essere fatto osservando le cadute sul cassettino, la presenza di varroa sulle api, segni di virosi oppure rimuovendo e disopercolando la covata a fuco. Queste tecniche, anche se apparentemente sembrano banali e di facile realizzazione, in realtà necessitano un’attenta e scrupolosa procedura di osservazione e rilevamento. Inizialmente risulteranno quindi di difficile lettura o forvianti ma col tempo diventeranno utili strumenti per una corretta conduzione aziendale.

– Conta della varroa sul cassettino
Per valutare la caduta dalla varroa sul vassoio è necessario pulirlo e spalmarlo con grasso di vaselina o oli vegetali per non permettere alle formiche o ad altri insetti di rimuovere le varroe.

Il metodo può essere di aiuto solo nelle famiglie con covata mentre risulta meno affidabile quando le famiglie sono al collasso o per prevedere l’andamento dell’infestazione futura. Il tempo di controllo del vassoio deve avvenire per almeno una settimana andando a controllare al massimo ogni 2-3 giorni, più si aspetta e più sarà difficile effettuare la conta a causa di detriti che si accumulano e si confondono con la varroa. E’ quindi un metodo di facile attuazione e permette di individuare abbastanza agevolmente almeno le colonie più colpite senza arrecare alcun disturbo alle api.

– Conta della vorroa nella covata

Più difficoltoso ma più preciso l’esame della covata che prevede l’estrazione delle larve dalla celletta e la conta delle varroe su di esse. Solitamente è necessario estrarre 150-200 larve e calcolare la % di varroe riscontrate. Valori sotto il 5% indicano una infestazione modesta.

-ZAV
zucchero a veloIl miglior compromesso tra precisione rapidità di esecuzione è rappresentato dal metodo dello zucchero a velo (ZAV) e dalla sua evoluzione con alcool che può essere impiegata anche in presenza di abbondante flusso nettarifero. Per comprendere al meglio il metodo abbiamo realizzato un video (link). Ricordiamo che lo ZAV viene utilizzato da Unaapi per il monitoraggio del livello di infestazione della varroa su scala nazionale. Per gli apicoltori interessati Arpat è disponibile ad illustrare le modalità per partecipare al progetto.I dati emersi quest’anno hanno dimostrato che i livelli di infestazione più alti di varroa autunnali derivavano da aziende che avevano effettuato gocciolati ripetuti estivi non in blocco.

 

 

 

 

 

 

Cosa devo fare se ritengo di avere un alto livello di infestazione da varroa?

Data anche la necessità di limitare gli spostamenti per combattere i contagi da covid-19 la pianificazione scrupolosa di tutte le operazioni apistiche può rilevarsi preziosa per limitare le visite in apiario.
Ne avremo fatto volentieri a meno ma può essere uno stimolo in più per sforzarci di pianificare al meglio la gestione della varroa con maggior anticipo e precisione.

-Approfittare dell’assenza di covata
Indipendentemente da alti o bassi livelli di infestazione primaverili è molto utile sfruttare ogni situazione in cui una famiglia si trovi in assenza di covata gocciolando con apibioxal la colonia.

A primavera non mancano i casi in cui ci troviamo a dover gestire famiglie senza covata: quando recupero uno sciame, quando una famiglia rimane orfana e quando si realizzano sciami per contenere le sciamatura. Intervenire su queste colonie contribuirà ad abbassare il livello di infestazione medio del proprio apiario anche se questa operazione non andrà a sostituire il trattamento estivo.

-Messa a sciame delle famiglie 
Metodo drastico che prevede l’eliminazione dei favi di covata, lasciando nell’alveare i favi di scorte, le api e la regina. Si verifica quindi una situazione di assenza di covata che permette l’immediato trattamento con acido ossalico. Questa tecnica di solito viene applicata in primavera in alveari molto infestati ma permette anche di formare sciami che verranno trattati appena saranno in assenza di covata.
 
 
– Asportazione di covata per contenere la sciamatura
Rimuovere 1-2 telaini per alleggerire le famiglie rappresenta un’operazione necessaria per frenare l’impulso sciamatorio e allontanare la varroa sui telaini asportati. Anche in questo caso è fondamentale trattare la covata dopo 25 giorni e comunque prima che la covata deposta dalla nuova regina sia in fase di opercolatura.
 
– Rimozione covata a fuco
Rimuovendo in maniera ripetuta la covata a fuco, spesso con telai appositi, si riduce progressivamente il carico di varroa della colonia.
 
 

E’ un metodo che abbassa la presenza del parassita senza compromettere la raccolta del miele e lo sviluppo della colonia in quanto non si perdono api operaie.

Inizialmente la covata a fuco non è molto attrattiva ma anche con la rimozione di 100 varroe a primavera avremo 800 varroe in meno a luglio. Vi sono vari metodi che prevedono l’inserimento di un telaino con foglio cereo a fuco, un telaino con mezzo foglio cereo, il telaino Campero o un telaino da melario in cui costruiranno la covata a fuco nella parte sottostante. Solitamente l’operazione inizia alla fioritura del ciliegio quando c’è importazione e le famiglie “tirano la cera”. Il telaino verrà poi rimosso al momento dell’opercolatura.

L’impiego del telaino a fuco è anche molto utile per valutare la febbre sciamatoria, ottenere della cera pulita e far ridurre la costruzione a fuco sui favi con cereo femminile.

– Trattamento tampone primaverile
Con evidenti alti livelli di infestazione a inizio stagione possiamo prendere in considerazione di effettuare trattamenti precoci che permettano di arrivare ai trattamenti estivi con api meno infestate.

E’ bene ribadire che abusare dei trattamenti non è mai una buona soluzione ma predisporre un piano di lotta integrata che preveda l’alternanza di farmaci e pratiche apistiche mirate (rimozione covata a fuco, realizzazione sciami…) può mantenere le api in ottima salute.

Alcune aziende approfittano dei momenti di assenza di melario, tra erica e acacia o prima del castagno per utilizzare trattamenti tampone con evaporanti a base di timolo o formico. Ciò non ha sicuramente un effetto risolutore ma riduce la varroa permettendo di arrivare ai trattamenti estivi con minor infestazione e, con estrema attenzione, ci può consentire di sfruttare eventuali raccolti tardivi.

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– Selezione genetica
Selezionare e allevare ceppi di api resistenti alla varroa è un percorso che interessa molte aziende, l’apicoltura di domani non potrà fare a meno di selezionare ceppi di api con caratteristiche Vsh e con marcato comportamento igienico. Per arrivare a dei risultati servono piani di selezione ben strutturati, molta costanza e anni di attento lavoro.

E’ comunque importante che ognuno di noi eserciti una selezione evitando di riprodurre quelle famiglie che tendono ad avere infestazioni di varroa elevate.

Conclusioni

I nuovi approcci per il contenimento della varroa prevedono un modello di lotta integrata che si basa sugli interventi minimi (trattamento estivo ed invernale) a cui si aggiungono costanti attività di monitoraggio, interventi tecnici “bio-meccanici”, trattamenti “di mezza stagione” e selezione. Ciò impone una conoscenza delle tecniche di monitoraggio del livello di infestazione della varroa e una esperienza in campo apistico non scontata ma date le continue avversità che il comparto si trova ad affrontare, ridurre l’impatto dell’acaro sulle colonie rappresenta un compito a cui nessun apicoltore, hobbista o professionista, può sottrarsi.