Il favo a maschio per la lettura della febbre sciamatoria

L’impiego del favo a maschio non rappresenta una tecnica di controllo della sciamatura bensì un metodo rapido e veloce per poter leggere i segnali che una famiglia in procinto di sciamare ci fornisce.
Introducendo un favo a maschio nell’alveare potrò ad ogni visita iniziare il controllo ispezionandolo e valutare se la colonia avrà bisogno di essere visitata integralmente o meno. In questo modo eviterò di arrecare un disturbo eccessivo alla colonia e guadagnerò del tempo per altre colonie che necessitano interventi.

La presenza di un favo a maschio spinge la colonia ad avere una covata più ordinata con la deposizione a fuco in un solo telaino e senza dover deformare gli altri favi femminili per la costruzione di covata maschile. Ciò renderà al contempo più difficile la formazione di celle reali che saranno prevalentemente collocate proprio sul favo a fuco.

Ci sono in commercio vari telaini a scomparti destinati all’allevamento di covata a fuco (in foto il modello di Aldo Baragatti), in alternativa se a primavera inserisco un telaino da melario o un telaino da nido, dal quale rimuoverò una metà del foglio cereo nella parte bassa compresi i fili, le api riempiranno gli spazi vuoti con un favo naturale per ospitare covata a fuco.

A primavera, quando le colonie iniziano l’accrescimento ed inizia ad entrare il primo nettare il favo a maschio viene collocato subito dopo il diaframma, in questo modo sarà il primo telaino ad essere visitato.
Una volta costruito dalle api ad ogni visita andrò a rimuoverne una porzione per vedere, quando tornerò in apiario, come la colonia avrà reagito a questa operazione.

Solitamente si verificano i seguenti casi:

  • Favo a maschio ricostruito con uova dentro le nuove celle: la regina depone normalmente e difficilmente sarà in febbre sciamatoria con cupolini o celle reali negli altri telaini. In apicoltura non ho mai la certezza assoluta ma solitamente con questa situazione non sarà necessario visitare la colonia per scellare.
  • Favo a maschio ricostruito con miele dentro le celle: in questo caso la regina è stata preceduta dalle operaie che hanno impiegato il favo a fuco per la collocazione di nettare fresco. Il motivo per questo comportamento è riconducibile a vari fattori che mi costringono a visitare gli altri telaini. È possibile che la regina non sia particolarmente performante o che l’apicoltore abbia allargato troppo il nido. In questi casi dovrò valutare la regina considerando che un individuo in salute depone più di 2000 uova al giorno riuscendo a mantenere coperti completamente 6 telaini. Alla luce di queste caratteristiche è ovvio che più tendo a lavorare su 9 o addirittura 10 telaini più la lettura del favo a fuco sarà meno precisa. Se ovviamente la presenza di miele nel favo a maschio è accompagnata da altri segnali che indicano la febbre sciamatoria dovrò prendere delle misure di intervento in tal senso.   
  • Favo non ricostruito: possibile allargamento eccesivo del nido in concomitanza con un calo di importazione o problemi sanitari. È ovvio che in questo caso si visita la famiglia per comprendere l’origine di tale situazione.
  • Favo a maschio con cupolini e/o celle reali: situazione di febbre sciamatoria in atto con conseguente diminuzione dell’attività di deposizione delle regine. Dovrò visitare il nido in cerca di altre celle e valutare se la sciamatura è reversibile o meno.

Se volete approfondire questa tematica ne parleremo online, in occasione di tecnici in diretta (LINK), mercoledì 17 aprile alle 21:00 

a cura di: Michele Valleri

Telaino a fuco, sciamatura, produzioni e Velutina con i Tecnici in diretta

Mercoledì 17 aprile ore 21:00 vi aspettiamo a Tecnici in diretta dove affronteremo importanti tematiche apistiche di attualità:

  • I primi raccolti(?) – come stà iniziando la stagione?
  • Situazione delle famiglie e andamento meteo.
    Ripercorreremo le settimane trascorse e dando uno sguardo alle previsioni faremo il punto su come affrontare la situazione in funzione di obbiettivi e potenzialità della stagione.
  • Favo a maschio… e altre tecniche per monitorare e gestire la sciamatura
    Analizzeremo l’utilizzo del favo a maschio come tecnica di monitoraggio della sciamatura e ci confronteremo su altre tecniche di gestione come scellatura salasso e ingabbio.
  • Nidi primari di Vespa velutina come riconoscerli e come operare correttamente

I soci riceveranno una email per accedere all’evento, vi aspettiamo!

Tecniche di sciamatura

Aggiornato (08/03/24) La gestione delle colonie nel periodo di sciamatura rappresenta per l’apicoltore una fase di lavoro intensa e delicata. A primavera l’obbiettivo dell’apicoltore consiste nel mantenere numerose le famiglie in vista dei raccolti e al contempo ritardare e gestire l’impulso sciamatorio. In concomitanza dell’arrivo del nettare l’apicoltore lavorerà quindi “sul filo del rasoio” mantenendo il più possibile gli alveari numerosi ma esponendoli a maggiori probabilità di produrre celle reali e sciamare. 

Sono molte le tecniche per rallentare e successivamente gestire l’impulso sciamatorio ma poche sono risolutive e, nel caso lo siano, andranno a compromettere il raccolto imminente.

Prima di effettuare i primi interventi di controllo della sciamatura è possibile frenare l’impulso sciamatorio, ritardando la formazione dei cupolini in cui vengono collocate le uova che daranno origine ad una nuova regina che farà sciamare la vecchia.

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Principalmente le regole per posticipare la formazione di celle prevedono:

  • lavorare con regine giovani dell’anno o di un anno di età
  • affidarsi ad allevatori che selezionano regine con particolare attenzione a ridurre l’impulso sciamatorio
  • gestire gli spazi: allargamento del nido, posa dei melari, rimozione della porticina invernale consentono di far sentire la colonia meno stretta. Attenzione! Non bisogna allargare con criterio in particolare in presenza di basse temperature e se la colonia non è di grandi dimensioni.

Quando le tecniche di prevenzione non bastano più posso intraprendere diverse strategie

Interventi sulla regina

  • A ridosso della fioritura tolgo la vecchia regina e scelgo se inserire una regina dell’anno, collocare o lasciare una cella reale stringendo il nido su 7-8 favi. Con questo metodo la colonia resta popolosa e in grado di affrontare il raccolto imminente, soprattutto se dispongo di una regina già feconda da inserire. Le problematiche restano nel reperire e/o allevarsi regine e del rischio, spesso concreto, di mancata fecondazione spesso a primavera.
  • Al secondo, o al massimo al terzo passaggio, per la distruzione delle celle di sciamatura si ingabbia la regina per circa 20 giorni, in alternativa si ingabbia quando si vedono i primi boccioli di acacia. Metodo che necessita comunque almeno di un giro di scellatura. Esiste una variante analoga che prevede la rimozione di della regina con 2 favi di covata e la successiva reintroduzione dopo 2 giri di scellamento nella colonia rimasta momentaneamente orfana.
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  • Attraverso il taglio dell’ala della regina (clippatura) quando lo sciame parte rientrerà nell’arnia dopo dopo abbandonando la regina incapace di volare. Sarà necessario a questo punto gestire la colonia orfana lasciando una cella reale o inserendo una nuova regina. Con questo metodo non si perdono le operaie sciamanti ma, oltre a non essere autorizzato nel biologico, ci espone al rischio di sciamature secondarie e scellamento.

Scellatura: quando l’impulso sciamatorio è in corso le api inizieranno a produrre celle reali che devono essere rimosse tempestivamente, meglio prima dell’opercolatura. Per ottenere buoni risultati con questa tecnica, se non si è lavorato sulla genetica, è necessario quindi visitare ogni 5-6gg e rimuovere tutte le celle reali. Basta infatti lasciare una cella per vanificare il lavoro e far sciamare la colonia. Si suggerisce quindi scrollare le api dai telaini e lavorare nelle ore centrali della giornata quando le parte delle operaie sono a bottinare. È una pratica spesso inevitabile anche se vengono intraprese altre operazioni di controllo e molto faticosa soprattutto in presenza di melari pieni. Avere telai ben costruiti agevola notevolmente il controllo: favi deformi con covata a fuco intercalata a fori o fessure lungo i fili dell’armatura rendono più faticosa la visita e più probabile non vedere tutte le celle.

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Interventi su api e covata

  • Salasso: a circa quaranta giorni prima della fioritura dell’acacia si tolgono telaini portando le famiglie su 3-4 telai di covata, 2-3 favi di scorte e un numero congruo di api per coprire i telaini rimasti. Si procederà poi ad aggiungere un nuovo telaino ogni 7-10 giorni in base alle necessità di gestione. Metodo che deve essere adattato a seconda della tendenza più o meno intensa delle regine a sciamare e in base alle condizioni meteo della postazione. Sicuramente è uno dei metodi più laboriosi che necessita inoltre scellamento, ma al contempo permette di realizzare sciami utili per successive rimonte o destinati alla vendita.
  • Telaino a fuco indicatore: se decido di intraprende una gestione delle colonie a nido stretto su 5-6 favi più un telaino a fuco (posso usare un foglio cereo apposito prestampato, un telaino con foglio cereo parziale o un semplice telaino da melario) e il diaframma potrò valutare l’impulso sciamatorio in poche mosse. Dato il ridotto numero di favi la colonia tenderà a dar più spazio alla covata nel nido collocando il miele nel melario mentre la covata a fuco sarà quasi esclusivamente nel telaino dedicato. Se la regina avrà una grande spinta nella deposizione il telaino a fuco sarà sempre occupato da covata maschile e ciò è indice di una bassa volontà di sciamare. Al contrario se il telaino a fuco avrà poca covata maschile, polline, nettare o addirittura celle reali sarò di fronte ad una colonia in febbre sciamatoria e sarò costretto ad intraprendere le operazioni di scellatura. Tale metodo prevede una certa dose di esperienza da parte dell’apicoltore che deve saper “leggere” il telaino a fuco e gestire una conduzione a nido stretto che non si può improvvisare.

Produzione sciami:

Posso approfittare del periodo della sciamatura per alleggerire le colonie di partenza inibendo al tempo stesso la sciamatura. A seconda della grandezza dello sciame posso valutare se realizzarlo grande abbastanza per affrontare gli ultimi raccolti o renderlo idoneo all’invernamento o ad una possibile rimonta.

  • Mini nuclei: tolgo ad ogni colonia 2 telaini di covata opercolata e scorte e vado ad aggiungere un talino costruito e possibilmente munito di scorte. Inserisco una cella o una regina dopo 2 giorni allo sciame che avrò spostato a 3km. Ripeto l’operazione se nelle settimane successive non ho frenato l’impulso sciamatorio.
  • Formazione sciami: procedo come in precenza con la differenza che vado a formari sciami più grandi unendo i telaini di 2 o 3 colonie.

 

Interventi sulla posizione delle arnie

  • Inversione della postazione: quando in situazioni di emergenza non è possibile visitare le colonie a causa di condizioni meteo avverse e dobbiamo gestire alveari numerosi in febbre sciamatoria possiamo ricorrere a questa tecnica che prevede l’inversione di posto tra l’alveare forte e uno più debole. È possibile, per intervenire sull’intero apiario scalare di posto l’intera postazione allo scopo di cambiare posto a tutte le colonie creando disorientamento e bloccare almeno temporaneamente la sciamatura. È comunque importante verificare ed essere certi del buono stato di salute di tutte le colonie, poiché la deriva, che si va a creare con questo metodo, può favorire il passaggio di malattie da una colonia e l’altra e scompensi nelle famiglie più deboli.
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Molta varroa a primavera, perché è successo, che fare?

dsc 0637Ci arrivano segnalazioni da molti soci che visitando le api, hanno individuato presenza di varroa sulle api, virosi e segni di spopolamento riconducibili al parassita. Nonostante l’emergenza che stiamo vivendo cerchiamo di non abbassare la guardia sulla varroa e comprendere perché si è verificato ciò e che misure possiamo fare in merito.

Perché c’è tanta varroa?